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Relazione del Presidente, Andrea Gibelli, in apertura del 15° convegno nazionale ASSTRA sul trasporto pubblico





"E’ un onore per me aprire, per la prima volta in qualità di Presidente di ASSTRA, il XV convegno nazionale dell’Associazione. Ringrazio tutti gli ospiti che hanno accettato il nostro invito ad intervenire e tutti i partecipanti che assisteranno al Convegno, durante il quale affronteremo i temi focali della mobilità in generale ed in particolare del settore del trasporto pubblico locale e regionale.
Ringrazio, inoltre, i partner istituzionali e scientifici quali Cassa Depositi e Prestiti,  Intesa Sanpaolo e l’Istituto per la Finanza e l’Economia locale dell’ ANCI; grazie alla collaborazione tra i rispettivi centri di ricerca e i ricercatori di ASSTRA, anche in questa XV edizione del Convegno nazionale,  siamo in grado di mettere a disposizione di chiunque si interessi di trasporto collettivo, un patrimonio consistente di dati analitici, congiunturali e di prospettiva, tale da costituire un’indispensabile banca dati per un Osservatorio, autorevole e oggettivo,  sullo stato di salute del TPL italiano e sulle sue prospettive di sviluppo.
Sono fermamente convinto che per prendersi cura del buon andamento del trasporto pubblico in Italia occorra molta testa ma anche molto cuore. Da una parte, infatti, c’è una industria che deve funzionare bene e, dall’altra, ci sono milioni di persone la cui vita quotidiana dipende da questa industria. Grazie a questo sistema -  il cui prodotto è un servizio pubblico economico essenziale quanto la luce elettrica in casa, l’acqua potabile che esce dal rubinetto, il gas dei fornelli - 15 milioni di persone al giorno possono andare a lavorare, a scuola o dovunque abbiano necessità.
Questo sistema ha una carta d’identità precisa:
In Italia il sistema delle aziende di trasporto pubblico locale e regionale impiega oltre 124.000 addetti, offre 2 miliardi di chilometri vettura annui, trasporta 5,4 miliardi di passeggeri l’anno e produce un fatturato complessivo (ricavi da traffico e contributi pubblici) di circa 12 miliardi di Euro.
Il nostro settore, che è dunque a pieno titolo un settore industriale con un peso specifico rilevante, ruota attorno ad un perno: 60 milioni di Italiani e il loro diritto a muoversi per vivere pienamente la loro vita di persone e di cittadini; 60 milioni di persone che con le loro attività tengono acceso il motore economico del Paese. Se si inceppa la mobilità locale si fermano i territori, con un impatto che va ben oltre i confini locali: se i sistemi di mobilità non funzionano in modo efficace ed efficiente viene meno l’impianto stesso della sostenibilità economica, ambientale e sociale di un paese. E’ essenziale sottolineare il ruolo trasversale e portante della mobilità rispetto alla sostenibilità, compreso il consumo degli spazi fisici soprattutto delle aree urbane, ciò consente una messa a fuoco corretta della portata delle problematiche che sono sullo sfondo dei trasporti pubblici territoriali. La comunità globale, riunita a Katowice, lo ha capito ed espresso perfettamente scegliendo come parole chiave dell’ultima conferenza mondiale sul clima, COP24: Energia, Economia circolare, Mobilità.  Credo che il settore del Trasporto Collettivo, che è la spina dorsale di ogni sistema di Mobilità, debba fare proprie queste parole chiave perché sintetizzano al meglio il senso profondo della Mobilità in quanto driver primario dello sviluppo economico, della sostenibilità e della coesione sociale. Dobbiamo lavorare, anche a partire da questo Convegno, per costruire una cultura politica che traduca queste parole in obiettivi concreti. Questa è la rotta giusta, la buona strada da percorrere come strategia globale per lo sviluppo del trasporto pubblico.
C’è poi un obiettivo più contingente specificamente legato a questo convegno: mettere a fuoco la rotta giusta da seguire per aumentare la qualità e quantità   dell’offerta attuale di trasporto pubblico per soddisfare i 5,4 miliardi di passeggeri all’anno che già usano i mezzi pubblici ed anzi aumentare, e di molto, l’uso del trasporto pubblico in Italia
Facile a dirsi, ma in concreto che significa?
Innanzitutto vanno affrontati alcuni nodi essenziali che si trovano all’interno di ambiti ben delineabili: tali ambiti sono l’innovazione tecnologica, l’organizzazione del lavoro, gli investimenti, le performance gestionali ed economiche delle imprese, le regole per il loro funzionamento in un mercato che non penalizzi la proprietà pubblica delle imprese del settore.
RISORSE E INVESTIMENTI
Alcuni temi economici ci mettono a stretto contatto con l’attualità, come la spada di Damocle che pende sul Fondo Nazionale Trasporti (che vale 4,87 miliardi), un fendente da 300 milioni euro, che potrebbe abbattersi strutturalmente sulle risorse del settore portandosi via circa il 6% del Fondo.  Una eventualità che equivarrebbe a mettere sabbia nel motore di un settore che invece è un volano indispensabile per la crescita anche economica del Paese.
Dunque perché togliere ossigeno a questo settore?
Sul fronte degli investimenti ci sono le novità introdotte dal “Piano Strategico nazionale della mobilità sostenibile”, attualmente in fase di approvazione definitiva, che stabilisce i criteri per il riparto e l’utilizzo dei 3,7 miliardi stanziati con la legge di bilancio 2017 nel periodo 2019-2033, ovvero la totalità delle risorse statali per i prossimi anni per il rinnovo del parco autobus. A queste si aggiungono le risorse disponibili per gli interventi sulla rete metropolitana, sulle tranvie, sul materiale rotabile delle linee ferroviarie regionali e sulle flotte che operano servizi di trasporto locale.
L’ammontare complessivo è consistente: 2,5 miliardi di euro l’anno su un orizzonte temporale di circa 8 anni per le infrastrutture per il trasporto rapido di massa e fino al 2033 per tutto il materiale rotabile. Si tratta di volumi importanti in grado di attivare impatti economici e occupazionali significativi. Una tale iniezione annua di risorse potrebbe infatti produrre valore aggiunto per circa 3,8 miliardi di euro l’anno, pari allo 0,2% del PIL, contribuendo a creare circa 99 mila unità di lavoro aggiuntive, 0,4% dell’occupazione totale.
Questa proiezione è di capitale importanza, non tanto per il settore in sé quanto per tutta l’economia nazionale, noi pertanto ne facciamo da questo momento in poi il manifesto del settore con cui ci presenteremo per sostenere lo sviluppo del trasporto pubblico nel confronto schietto con la politica.

LE IMPRESE
Sul fronte delle imprese che operano nel traposto pubblico locale c’è un debito di cattiva fama che risale nel tempo e che ha prodotto una serie di luoghi comuni difficili da sradicare. Al di là dei pre-giudizi la realtà è restituita dai fatti. Citiamo alcuni dati congiunturali riferiti all’andamento di queste imprese nel triennio 2015/2017:
Tra il 2015 e il 2017 le imprese del trasporto pubblico locale sia pubbliche che private risentono della debolezza economica che ha caratterizzato il sistema Paese negli anni presi in considerazione. A livello aggregato le imprese del campione registrano una sostanziale stabilità nella performance economico finanziaria.
Critica rimane la situazione degli investimenti, nonostante i provvedimenti che avrebbero dovuto consentirne il rilancio. A livello mediano, la spesa per investimenti passa dal 5,5% del valore della produzione al 4,9%, parallelamente gli ammortamenti rimangono costanti al 6,6%.
La variabile dimensionale sembra influire sull’efficienza delle aziende di TPL: dall’analisi dei dati di bilancio del triennio emerge il recupero delle imprese di maggiori dimensioni, che migliorano la propria performance. Le maggiori dimensioni sembrano garantire anche una maggior attenzione agli investimenti: l’incidenza degli ammortamenti sul valore della produzione accelera per le grandi imprese mentre per le medio-piccole risulta più stabile;
Nel triennio d’analisi permangono le forti differenze tra Centro-Nord e Sud.
Le aziende ferro, ovvero che operano esclusivamente su metropolitana, tramvia e ferroviario regionale nel triennio dimostrano di migliorare significativamente la propria redditività e di investire una quota consistente del proprio fatturato: il ROE passa da 4,5% a 9,5%, il ROI da -2,7% a 0,4%, gli investimenti da 1,3% a 7,8%.
LE IMPRESE PARTECIPATE
Ritengo importante concentrare l’attenzione sulla parte preponderante del sistema rappresentata dalle aziende partecipate da pubbliche amministrazioni. Queste imprese costituiscono infatti il 90% del mercato in termini di passeggeri, l’83% in termini di percorrenze chilometriche e l’85% del valore della produzione
L’andamento dei ricavi da traffico per km mostra che dal 2015 si è registrato un progressivo aumento dei ricavi chilometrici a fronte di una sostanziale diminuzione dei contributi chilometrici. Nello specifico, nel triennio, a livello medio nazionale si è registrato un aumento dei ricavi per km dell’8% e una diminuzione del contributo per km pari a -1,8%.
Nonostante il prezzo delle tariffe rimanga tra i più bassi in Europa, le aziende migliorano le loro performance in termini di rapporto ricavi da traffico su costi operativi. A livello medio, il rapporto nel 2017 arriva al 33,3% contro un 31,6% del 2016.
A riprova di un generale efficientamento del settore, tra il 2016 e il 2017, si è assistito ad un’ulteriore riduzione dei costi operativi per km in particolare tra le aziende di trasporto misto (-3%) ed extra-urbano (-8%) e nelle medie (-5%) e grandi imprese (-1%). 

Nel 2017 l’81% delle società partecipate di TPL chiude con il bilancio in utile. Delle 20 aziende che chiudono in perdita, il 65% (13 aziende) registra un margine operativo lordo (MOL) positivo e 3 di queste un EBIT positivo. Il miglioramento rispetto agli anni passati è confermato anche dall’analisi dell’andamento generale delle aziende con MOL positivo: il 94% nel 2017 contro il 92% nel 2016 e il 72% nel 2009.

Su queste imprese pubbliche pesa, oltre al pregiudizio di inefficienza che mi sembra chiaramente smentito dai dati sopra citati, anche un quadro regolatorio penalizzante riconducibile alle riforme degli ultimi anni confluite poi nella riforma Madia. Alcune disposizioni del d.lgs. 175/2016, infatti, risultano eccessivamente penalizzanti per tutte quelle società che si sono virtuosamente confrontate con il mercato o che si accingono a farlo nonché per quelle società i cui conti siano in ordine. Il tema non è la proprietà – è un fattore neutro a livello europeo – ma l’efficienza delle imprese.
La certezza dell’entità delle risorse e del rispetto dei tempi di erogazione, il rispetto dei ruoli, di programmazione da un lato e di gestione dall’altro, rappresentano elementi necessari per garantire l’efficiente e reale gestione industriale delle imprese a prescindere da chi ne sia l’azionista. Occorre definire una strategia, un progetto che stimoli l’efficienza e la produttività delle imprese e le loro capacità di investimento. E la strategia non può essere solo quella di dismetterne il capitale detenuto dalla mano pubblica.
La rotta corretta per una politica di sostegno delle imprese pubbliche non può che essere una revisione fondata del decreto Madia su pochi ma essenziali criteri:
Le società di TPL, ivi comprese le partecipate, devono essere considerate un VALORE per gli enti azionisti soci. Obiettivo delle norme è favorire l’efficienza delle imprese e quindi la creazione o l’aumento di valore per gli azionisti e, soprattutto, per le comunità territoriali servite.
Occorre incentivare la spinta pro-concorrenziale delle imprese promuovendone la capacità di stare ed operare in un mercato competitivo. In tal senso occorre che le società che abbiano acquisito l’affidamento in seguito ad una procedura ad evidenza pubblica o che si accingono a confrontarsi in un mercato competitivo siano escluse dall’applicazione di norme vincolistiche penalizzanti e discriminanti. Diversamente significa porre in essere una politica finalizzata non, come auspicabile da parte del Governo italiano, alla valorizzazione delle partecipazioni, alla gestione industriale e produttiva delle imprese ed all’incentivazione della concorrenza quale mezzo per favorire l’efficientamento delle imprese, ma una politica finalizzata alla dismissione indiscriminata delle partecipazioni pubbliche. Dismissione che, oltretutto, scissa da un percorso di liberalizzazione, rischia di tradursi in una svendita delle partecipazioni con conseguente perdita di valore, patrimonio, know-how ecc, da parte degli enti proprietari.
Razionalizzare le partecipazioni allo scopo di eliminare le innegabili sacche di inefficienza è un obiettivo condivisibile e da perseguire. Disconoscere il valore che molte delle società pubbliche rappresentano per il Paese e per i cittadini è un errore.
Ultimo aspetto, occorre rivedere la collocazione sul mercato delle azioni di queste imprese, cosa che il decreto Madia ha effettuato esclusivamente in termini di diritto transitorio e non, come sarebbe auspicabile, in termini di prospettiva.
Ma la prospettiva è indispensabile in generale per tutto il Trasporto Collettivo, senza un orizzonte preciso di politica industriale si rischia la navigazione a fari spenti e  nessuna rotta."


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