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Cosa rimane del 15° Convegno Nazionale ASSTRA 




Ad un mese dal 15° Convegno Nazionale ASSTRA sul Trasporto pubblico locale “R-Evolution - Trasporti pubblici: rotta per il futuro” è necessario fare un bilancio di cosa è rimasto.
Come in agricoltura la semina è solo parte del lavoro, per ASSTRA l’organizzazione del convegno è solo un frammento di un’opera più ampia, strumentale allo svolgimento della sua missione associativa. Così dei due giorni di convegno, tenutosi a piazza della Pilotta a Roma, quello che resta sono i contenuti prodotti, lo slancio propositivo di un’associazione che vuole far crescere il mercato del trasporto pubblico italiano e che sostiene le cause delle aziende di trasporto attraverso la raccolta, lo studio e l’analisi dei dati di mercato. Rimangono le riflessioni, gli spunti sulle tematiche al momento più rilevanti per il settore. Rimangono le relazioni - utili, oggi più che mai, anche nella diversità degli interessi – per fare sistema e rendere sempre più evidente come l’investimento nella mobilità collettiva sia proficuo perché capace di generare ricchezza con un significativo effetto moltiplicatore.



Animato dalla volontà di assicurare agli interlocutori politico-istituzionali un contributo proattivo, concreto e coerente per orientare adesso, il sistema dei trasporti pubblici del nostro Paese, il convegno nazionale è stato strutturato in sei sessioni, che attraverso la partecipazione di realtà interne ed esterne al sistema associativo, hanno trattato le tematiche più rilevanti per il settore. Dagli impatti dell’innovazione tecnologica - nell’ambito della bigliettazione e dell’infomobilità -  agli aspetti tecnici, economici e normativi tesi a garantire la massima sicurezza ferroviaria, dagli strumenti finanziari volti a sostenere una politica espansiva degli investimenti in nuove infrastrutture e veicoli al quadro normativo ed economico del settore, e ancora dalle performance gestionali delle aziende al sistema di vincoli relativo alla gestione del rapporto di lavoro.



Il convegno ha registrato 450 presenze, che hanno rappresentato le aziende di trasporto pubblico, associazioni, realtà politico-istituzionali, università, fondazioni, centri di ricerca, enti locali, sindacati, realtà finanziarie pubbliche e private, ed è stato sostenuto da trentaquattro aziende tra sponsor, sostenitori, partner, premium partner e partner tecnico-scientifici. L’evento ha visto la partecipazione, tra gli altri, del Viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Edoardo Rixi, il sottosegretario di Stato alla Presidenza del consiglio dei Ministri - Pubblica Amministrazione, Mattia Fantinati e il Sottosegretario di Stato per L’Economia e le Finanze, Massimo Garavaglia, che hanno parlato dei progetti del Governo per il settore.

In apertura dei due giorni di lavoro, l’Assessore alla Città in movimento del Comune di Roma, Linda Meleo, oltre a portare il saluto istituzionale da parte del Comune di Roma ha parlato dei progetti per la città e la sua mobilità, quindi il Presidente di ASSTRA, Andrea Gibelli,  è intervenuto e dopo  aver ringraziato  i partner istituzionali e scientifici  ha evidenziato come ASSTRA sia in grado di mettere a disposizione, di chiunque si interessi di trasporto collettivo, un patrimonio consistente di dati analitici, congiunturali e di prospettiva, tale da costituire un’indispensabile banca dati per un Osservatorio, autorevole e oggettivo,  sullo stato di salute del TPL italiano e sulle sue prospettive di sviluppo. Quindi dopo aver proiettando l’attenzione sulle sfide future della mobilità e sulla necessità di una visione sempre più olistica e interdisciplinare, che ci impone di vedere le soluzioni di trasporto come complementari e integrate e non in contrapposizione, Gibelli ha sottolineato la contemporanea centralità della mobilità nei territori mettendo in evidenza come già oggi, in Italia, circa 15 milioni di persone quotidianamente usano mezzi di trasporto collettivo per spostamenti casa-lavoro o per altre attività, anche di piacere.
Per Gibelli quando la mobilità locale funziona male i territori si fermano perché la mobilità è un driver primario dello sviluppo economico, della sostenibilità e della coesione sociale. Per questa ragione è necessario contribuire a costruire una cultura politica che traduca queste parole in obiettivi concreti. In questa ottica il presidente di ASSTRA  ha lanciato le aziende e il sistema associativo come sostegno attivo dei decisori pubblici nell’attività di discrimine di quegli aspetti tecnici a loro non propri.

Durante i lavori del convegno, hanno suscitato particolare interesse due studi: Il primo realizzato da ASSTRA e Cassa Depositi Prestiti, il secondo realizzato da ASSTRA, Intesa SanPaolo e Fondazione IFEL-ANCI.
 “INVESTIRE NEL TPL – Scenari e fabbisogni” a cura di ASSTRA e CDP segue di due anni la presentazione del Rapporto “Investire nel trasporto pubblico” presentando un aggiornamento del lavoro, al fine di verificare lo stato dell’arte dei fabbisogni, la dimensione delle risorse assegnate al settore e gli scenari evolutivi attesi.



Lo studio fotografa lo stato dell’arte del trasporto pubblico che emerge come un settore in evoluzione, impegnato a contribuire all’abbattimento delle emissioni connesse al traffico urbano, ma che tuttavia ancora opera con una flotta di età media elevata, con conseguenze sui livelli di emissioni dei mezzi.
L’età media del parco autobus nazionale nel 2018 è di 12,3 anni (nel 2017 il picco massimo dell’ultimo decennio con 12,4 anni), ampiamente al di sopra della media europea, pari a circa 7 anni. Una buona parte della flotta autobus risulta ancora appartenente alle categorie pre-Euro 3 (21% in ambito urbano e 30% in ambito extraurbano), ma al tempo stesso - nota positiva - cresce l’incidenza dei veicoli Euro VI (11% nel 2018), evidenziando un lento processo di abbattimento dei livelli di emissioni inquinanti e la conclusione del processo di sostituzione dei mezzi euro 0, che residuano per circa il 2%.
Il parco autobus circolante nei centri urbani è prevalentemente ad alimentazione diesel (78% nel 2012, 71% nel 2018). L’analisi congiunturale, 2016-2017-2018, evidenzia come la percentuale dei mezzi a gasolio in esercizio sia in diminuzione; in molti casi, i mezzi rottamati sono stati sostituiti con autobus alimentati a gas naturale compresso (CNG) (18% nel 2012, 27% nel 2018). Rimangono pressoché stabili gli autobus full electric ed ibridi (entrambi circa l’1% nel 2018). Il parco autobus circolante in ambito extraurbano si conferma come quasi interamente alimentato a gasolio (99% nel 2018).



In questo contesto si collocano le novità introdotte dal “Piano Strategico nazionale della mobilità sostenibile”, attualmente in fase di approvazione definitiva, che stabilisce i criteri per il riparto e l’utilizzo dei 3,7 miliardi stanziati con la legge di bilancio 2017 nel periodo 2019-2033, ovvero la totalità delle risorse statali per i prossimi anni per il rinnovo del parco autobus. A queste si aggiungono le risorse disponibili per gli interventi sulla rete metropolitana, sulle tranvie, sul materiale rotabile delle linee ferroviarie regionali e sulle flotte che operano servizi di trasporto locale. L’ammontare complessivo è consistente: 2,5 miliardi di euro l’anno su un orizzonte temporale di circa 8 anni per le infrastrutture per il trasporto rapido di massa e fino al 2033 per tutto il materiale rotabile. Si tratta di volumi importanti in grado di attivare impatti economici e occupazionali significativi. Una tale iniezione annua di risorse potrebbe infatti produrre valore aggiunto per circa 3,8 miliardi di euro l’anno, pari allo 0,2% del PIL, contribuendo a creare circa 99 mila unità di lavoro aggiuntive, 0,4% dell’occupazione totale.
La novità principale della strategia sulla mobilità sostenibile è dunque la chiara intenzione di accelerare il processo di transizione verso una flotta ad alimentazione alternativa rispetto al gasolio. Il Piano in sostanza esclude, con poche eccezioni, gli autobus diesel dai mezzi finanziabili con contributi statali. Tale circostanza ha un impatto molto significativo sul settore e sui tassi di rinnovo attesi delle flotte bus. I mezzi ad alimentazione alternativa, infatti, hanno ancora costi di acquisto molto più elevati rispetto a quelli a gasolio (a tecnologie attuali il rapporto è di circa 1 a 2,5) e richiedono investimenti significativi per la realizzazione delle infrastrutture di ricarica, cui il Piano assegna fino ad un massimo del 50% dei Fondi disponibili, per i primi 3 anni di ciascun quinquennio.
L’insieme di tali aspetti - a parità di risorse rispetto a quanto previsto nella legge di bilancio 2017 - determina una riduzione del numero di mezzi che sarà possibile immatricolare e, conseguentemente, non consente di ridurre l’età media del parco: le simulazioni condotte evidenziano che, considerando interamente spese le risorse a disposizione e pienamente rispettati i vincoli per l’utilizzo delle risorse dettati dal Piano in tema di scelta tecnologica dei mezzi e finanziamenti specifici alle infrastrutture di supporto, nei prossimi anni verranno immatricolati circa 20.000 mezzi, che porteranno la flotta ad avere un’età media di 17,5 anni nel 2033.




Un parco veicoli vetusto rappresenta un elemento di forte criticità per il settore. Da un lato, infatti, comporta per le aziende un aggravio dei costi medi di manutenzione (i costi medi di manutenzione di un autobus nuovo sono 6 volte inferiori a quelli di un autobus di 15 anni); dall’altro, compromettendo la qualità del sevizio e il confort di viaggio, non consente di sostenere lo sviluppo della mobilità collettiva a discapito dell’utilizzo dell’auto privata con ripercussioni sul livello delle emissioni e sulla congestione urbana.
Coniugare le esigenze di riduzione delle emissioni con quelle di abbassamento dell’età media del parco mezzi italiano è dunque una delle sfide che attendono il settore. Si tratta di un obiettivo che presuppone azioni incisive a livello di sistema e investimenti significativi: sebbene le risorse messe in campo negli ultimi anni siano state confermate, si stima che affinché la flotta possa raggiungere nel 2033 l’età media di circa 7 anni (dato medio europeo) rinnovando il parco con autobus alimentati da fonti di alimentazioni alternative, siano necessari complessivamente circa 500 milioni di euro aggiuntivi l’anno.
Non solo, affinché la transizione della flotta verso l’alimentazione alternativa possa effettivamente rappresentare un definitivo cambio di paradigma, è opportuno che questa avvenga con adeguata gradualità e che sia preso in considerazione non soltanto lo sforzo delle aziende del trasporto, ma anche le necessità della filiera a monte dell’automotive ed elettrica, nonché le implicazioni di commercio estero connesse a un aumento della domanda di powertrain elettrici.
Infine, è necessario sottolineare che qualsiasi pianificazione che ambisca a migliorare la mobilità sostenibile non può prescindere dal continuare a perseguire l’obiettivo di shift modale dalla mobilità privata a quella condivisa: tra il 2016 e il 2017 la domanda di mobilità soddisfatta dall’auto privata considerando i soli spostamenti motorizzati è scesa dal 82,8% al 81,6%, una dinamica questa da intercettare e consolidare.




Il secondo studio: “le Aziende TPL, alla ricerca della giusta rotta” - presentato nella giornata conclusiva del 15° Convegno nazionale ASSTRA, e realizzato da ASSTRA, Intesa Sanpaolo, Fondazione IFEL-ANCI  in continuità con gli studi prodotti negli anni passati -evidenzia la rilevanza del settore del trasporto pubblico locale per il sistema Paese e la performance delle aziende nell’ultimo triennio. Quello del trasporto pubblico è un comparto che impiega oltre 124.000 addetti, offre 2 miliardi di chilometri vettura annui, trasporta 5,4 miliardi di passeggeri l’anno e produce un fatturato complessivo (ricavi da traffico e contributi pubblici) di circa 12 miliardi di Euro.
Lo studio evidenzia come, tra il 2015 e il 2017 i bilanci delle aziende abbiano registrato un consolidamento delle posizioni e un miglioramento del rapporto fra ricavi da traffico e costi operativi. A livello mediano nel 2017 il MOL si attesa al 7,67% della produzione, il MON allo 0,01%, il risultato netto all’1,82%, il Roe al 3,18% e il Roi allo 0,02%. La posizione finanziaria evidenzia un modesto utilizzo della leva e un livello di indebitamento basso: le situazioni critiche sono limitate ad un numero molto ristretto di imprese. Per le aziende partecipate, dal 2015 i ricavi da traffico per km mostrano un progressivo aumento (+7,7%) a fronte di una sostanziale diminuzione dei contributi chilometrici (-1,8%).
L’atteso rilancio degli investimenti stenta a decollare, nonostante lo stanziamento di risorse: la procedura di acquisto degli autobus introdotta si è dimostrata di non immediato utilizzo e ciò ha comportato ritardi nell’approvvigionamento di nuovi autobus. A livello mediano, la spesa per investimenti passa dal 5,5% del valore della produzione al 4,9%, parallelamente gli ammortamenti rimangono costanti al 6,6%. La mancata ripresa dei flussi di investimento è un elemento di preoccupazione perché impatta sia sulla qualità del servizio, sia sulla sicurezza, sia sulla sostenibilità ambientale; inoltre, la qualità del materiale rotabile influenza anche, in modo apprezzabile, i costi operativi delle aziende e quindi, per questa via, l’efficienza degli operatori. I costi di manutenzione e i consumi di un autobus vecchio sono molto più significativi di quelli di un autobus nuovo. 
A fronte della staticità dei risultati del settore nel suo complesso, l’analisi per cluster evidenzia performance differenziate.



La variabile dimensionale sembra influire sull’efficienza delle aziende di TPL: dall’analisi dei dati di bilancio del triennio emerge il recupero delle imprese di maggiori dimensioni, che migliorano la propria performance. Le maggiori dimensioni sembrano garantire anche una maggior attenzione agli investimenti: l’incidenza degli ammortamenti sul valore della produzione accelera per le grandi imprese mentre per le medio-piccole risulta più stabile; il flusso di investimenti risulta particolarmente significativo nel 2015, nel biennio successivo si attesta su valori simili a quelli delle PMI. Parallelamente le immobilizzazioni delle grandi imprese si rafforzano.
Nel triennio d’analisi permangono le forti differenze tra Centro-Nord e Sud. Tutti gli indicatori evidenziano le difficoltà delle imprese localizzate nelle regioni del Sud. L’incidenza del costo del lavoro sul valore della produzione è sensibilmente più elevata, i margini sono quindi inferiori e anche il risultato netto e la redditività sono più bassi. Sul fronte degli investimenti si evidenziano le difficoltà delle imprese meridionali con il dato del 2017 che scende al 2,2% della produzione. 
L’analisi per tipologia di servizio e per modalità di trasporto conferma la significativa eterogeneità delle caratteristiche strutturali, ma evidenzia anche differenti performance di cluster omogenei. Le imprese che effettuano servizio urbano, pur confermando una maggiore incidenza del costo del lavoro, vedono ridursi tale voce di costo in modo significativo nel triennio (dal 58% al 52,7% del valore della produzione). I margini e i risultati risentono positivamente di tale dinamica: Il MOL accelera da 4,7% a 7,7%, il risultato netto da 0,3% a 1,2%. Sul fronte degli investimenti sono però le imprese che operano nel servizio extraurbano a registrare una accelerazione (da 2,8% a 7,6% a livello mediano), mentre le imprese che effettuano servizio urbano riducono sensibilmente i flussi.
Le aziende ferro, ovvero che operano esclusivamente su metropolitana, tramvia e ferroviario regionale nel triennio dimostrano di migliorare significativamente la propria redditività e di investire una quota consistente del proprio fatturato: il ROE passa da 4,5% a 9,5%, il ROI da -2,7% a 0,4%, gli investimenti da 1,3% a 7,8%.
Le società di trasporto pubblico locale partecipate da almeno un’amministrazione pubblica (Stato, Regioni ed Enti Locali), sia direttamente che indirettamente, sono pari a 112 rappresentando il 12% delle complessive 930 società che producono servizi di TPL. Nel corso degli ultimi 10 anni (2010-2019), a seguito di alcune operazioni societarie (fusioni e aggregazioni), il numero delle società partecipate è passato da 160 a 112 (-30%);
A fronte di una sostanziale stabilità delle percorrenze, degli addetti e del numero di mezzi, il 2017 si è caratterizzato per un aumento dei passeggeri trasportati che crescono in media nell’ultimo anno dell’1,8%.
Il confronto con alcune grandi e significative città europee conferma che in Italia le tariffe sono tra le più basse d’Europa non solo in termini assoluti ma anche in relazione al reddito disponibile. La relazione tra il costo medio dell’abbonamento mensile ed il reddito medio mensile delle famiglie rivela un rapporto percentuale che varia da un massimo di 5,2% nel Regno Unito ad un minimo dell’1,6% in Italia.



L’andamento dei ricavi da traffico per km mostra che dal 2015 si è registrato un progressivo aumento dei ricavi chilometrici a fronte di una sostanziale diminuzione dei contributi chilometrici. Nello specifico, nel triennio, a livello medio nazionale si è registrato un aumento dei ricavi per km dell’8% e una diminuzione del contributo per km pari a -1,8%. Nonostante il prezzo delle tariffe rimanga tra i più bassi in Europa, le aziende migliorano le loro performance in termini di rapporto ricavi da traffico su costi operativi. A livello medio, il rapporto nel 2017 arriva al 33,3% contro un 31,6% del 2016. A riprova di un generale efficientamento del settore, tra il 2016 e il 2017, si è assistito ad un’ulteriore riduzione dei costi operativi per km in particolare tra le aziende di trasporto misto (-3%) ed extra-urbano (-8%) e nelle medie (-5%) e grandi imprese (-1%).  Nel 2017 l’81% delle società partecipate di TPL chiude con il bilancio in utile. Delle 20 aziende che chiudono in perdita, il 65% (13 aziende) registra un margine operativo lordo (MOL) positivo e 3 di queste un EBIT positivo. Il miglioramento rispetto agli anni passati è confermato anche dall’analisi dell’andamento generale delle aziende con MOL positivo: il 94% nel 2017 contro il 92% nel 2016 e il 72% nel 2009.
Circa l’80% delle partecipate comunali è in utile (64 società su 81).  Nonostante le aziende con un risultato economico positivo siano un numero sensibilmente più alto rispetto a quelle in perdita, esse registrano un utile complessivo pari a soltanto 87,4 milioni di euro, mentre le poche società in rosso conseguono una perdita che si attesta, nel 2017, ad oltre 169 milioni di euro.
Ad un mese dal 15° Convegno Nazionale ASSTRA sul Trasporto pubblico locale “R-Evolution - Trasporti pubblici: rotta per il futuro” rimane tanto e ciò ci consente di proseguire sulla strada intrapresa, per acquisire e condividere sempre più conoscenze su un mercato, come quello del trasporto collettivo, capace di attirare come non mai, e come pochi settori economici, le attenzioni e gli interessi di un sempre maggior numero di soggetti, tradizionalmente considerati molto lontani dal mondo del trasporto collettivo.


N. R

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